di Marika Rizzo

“La mia condizione umana mi affascina.
So che la mia esistenza è limitata e non so perché sono su questa terra, anche se forse lo percepisco.”

Albert Einstein

Josef Koudelka ha quello sguardo instancabile tipico di chi guarda al mondo come se volesse raccogliere più vita possibile, eliminando però tutto il superfluo.

Ogni volta che mi ritrovo davanti ad una sua immagine, non posso far altro che stare lì, provando un bel po’ di sana invidia, notando come “quel poco” racconti il tutto. Può essere una buona lettura del nostro lavoro fotografico. In una manciata (e anche meno) di elementi, viene raccontata l’universalità.

Un tratto cruciale del suo modo di vedere è sicuramente quella voglia peripatetica che gli permette di abbracciare il mondo, quel mondo che sta per scomparire. La fotografia di Koudelka si concentra sulle piccole cose e, dopo qualche tempo, ti accorgi che è riuscito a mettere insieme un mosaico che punta a cambiamenti quasi impercettibili che insieme ne portano uno più grande. Vuole mostrare alle persone la differenza tra il passato e il presente, per trasmettere quali mutamenti sta subendo la Terra a causa delle attività umane.

La sorpresa è un’altra caratteristica che porta nei suoi lavori. Siamo meravigliati di fronte alle sue visioni del mondo, del mutamento dei paesaggi, della permanenza.

Koudelka ha sviluppato un’opera piena di poesia, che leggiamo nelle forme nascoste delle scene più comuni, senza temere mai l’astrazione, anzi a volte, ricercandola.

L’essere reale (l’albero, la montagna, l’uomo o l’animale) non si manifesta come semplice rappresentazione. Ed è in quel momento che Koudelka scatta, registra quella traccia lasciata nel suo divenire, riuscendo a cogliere quelle entità che permangono nel tempo.

Le persone sono lì, ma in modo frammentario, incontrando sguardi furtivi con la macchina fotografica in mezzo a paesaggi desolati. Da questi scatti emerge una profonda riflessione sulla condizione umana e sulla sua solitudine, nonché sulla sua infinita libertà.

L’esser-ci è il fondamento dell’uomo, e lui dedica la sua vita a ridurre le distanze, vivendo le sue fotografie, i suoi paesaggi, donando alle sue persone la cosa più preziosa: il tempo.

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